dittatura dei pm. È UN VERO PECCATO CHE CURRELI FACCIA ARRESTARE LA GENTE SENZA FARE INDAGINI E CHE LA GIP MARTUCCI GLI VADA DIETRO SENZA RIFLETTERE FINCHÉ GASPARI CONDANNA A REFE NERO
D’altra parte a Pistoja la giustizia sembra essere questa, una sorta di asilo infantile in cui ognuno fa ciò che vuole mentre suor Adele guarda i ragazzini che giocano a fare i Cavalieri Jedi quando non sono nemmeno vaccinati contro il morbillo. Articolo satirico in prosa e versi e con “effetti avversi”…
A mio avviso Curreli è portato a fare troppe cose insieme per non rischiare di sbagliare. E il suo 26% di errori – come detto dal di lui capo Coletta al Canto al Balì – se lo guadagna tutto. Ma forse non sarebbe sbagliato azzardare perfino un «e anche di più del 26».
La sua carriera è iniziata con un errore fatale (la storia di padre Fedele Bisceglia) ed è venuta avanti in un «procombere di eventi», come direbbe il povero Giacomo da Recanati, immenso poeta, ma – siccome goloso di confetti – un essere sacrificato dalla natura non solo per la doppia gobba (allo sterno e sulle spalle), bensì pure per i denti, tutti cariati-marci per gli zuccheri che ciucciava di continuo. E chissà che puzzo di fiato, quel sommo poeta di A Silvia…!
Per restare ancora con Giacomo, ma sempre in chiave Pm, mi scappa da dire «e fieramente mi si stringe il core, a pensar come tutto al mondo passa, e quasi orma non lascia», da La sera del dì di festa; citazione tragica, ma preziosa di una cara collega, che mi conforta facendomi sperare che passerà anche chi, come Curreli, protetto, sorretto, diletto – per ogni suo umano difetto – da qualche collega perfetto del Csm (come ci ricorda Barbarisi), non è eterno e non porta al paradiso, ma all’inferno.
Dove volete che porti un inquirente che apre un fascicolo e non controlla niente? E mentre non indaga, si nutre, magari, a prosciutto cotto di Praga, e beato e giulivo, se va a Mosca, beve soltanto pivo; o se gioca felice con gli scoutini, si diverte a piantare (oltre a infinite grane giorno a giorno) alberini di Falcone e Caponnetto: e gli allunga di sopra le sue manine a tetto, ché crede d’aver flussi dal suo cielo, immaginando d’esserne un angèlo?
Sarà questa o no sàtira, Giuseppe di Neàpoli, di cui sposati e scàpoli tròvansi al Terzo Piano e pìgliansi per mano, recitando le sure di un Corano che nasce e si sviluppa fra tutta quella truppa che, con ammogliati e riscàpoli, tenevano consiglio al… Club del Napoli?
E ora, lasciando il tono sàtiro usato a onor d’Orazio, ritorno (ahimè, che strazio!), a parlare di chi parte in quarta ma, a bomba, tosto a terra ripiomba, sfracellandosi il cranio e pur la faccia, degno solo di nobile figuraccia.
LA «LETTERA SCARLATTA»
Claudio difese, un dì, un Signor Notaio, che aveva combinato un bel pasticcio e un altrettanto poderoso guaio. Poi la Gippe Martucci – che pur lo segue a ruota e ben difficilmente cambia nota – ci attaccò sopra un decretón penale: ed in virtù del quale chi scritto avéa le offese a quel Notaro, far dovéa la figura del somaro…
Nonostante le prove e i documenti, la giudiciA cedette ai pigiamenti che Curreli sparò sur una ciàtte di ciance, cani e gatte: e il povero tapìn che il vero disse, fe’ la fine d’Ulisse dinanzi a una giustizia-Polifemo con un sol’occhio, di cui poi fu scemo.
Librandosi sull’ali, prodigi fece – un’Angela – pasquali, pigiando su parole nell’ovatta che ammiccavano a «lettera scarlatta».
Ce li meritiamo proprio certi Pm...?
Peccato che ne’ cerchi dello ’nferno il Sor Diavolo pentole realizzi e non coperchi, e che nulla sia eterno! Non sa il Curreli – e quando scopriràllo, andrà senza cavallo – che dello mio smarfòne, sequestrato per rendere il Perrozzi dei suoi maneggi tutti liberato, Gaspari il Salomone volle fare una gran copia forense, che poi non volle usare (oh, sventurato!)?
E tuttavia la copia giudiziaria, che non può contestar messer Curreli, c’è stata, c’era e produrrà orticaria: perché c’è un bel vocale, ove si dice che il Notàr protetto, era un furfante a effetto; e che tutto l’impegno del Curreli a protegger l’amico e a danneggiare chi le amicizie non le può vantare, è stato solamente un espediente indecente o, se vogliam, più realisticamente una “merdata” d’infinita ed immonda, ahimè, portata.
Or chiedo: Ser Claudio di Shardània, perché mai, ogni volta che invii gente a giudizio, indagini non fai? E se le fai, le fai con precipizio, dando agli amici tuoi ben saldo appoggio, col nasconder la fiaccola di Cristo, che dici di adorar ma non adori, tutta occultata là, là sotto il moggio? Non ti càl de’ valori, ma sol del tuo poter di cui fai sfòggio?
Se nascondi la luce, tu, del vero, che accadrà mai, se scoppia un bell’incendio e sei costretto a venir giù dal pero? Denuncerai qualcun per… vilipendio? E il cuor giammai ti batte, quando in pantaloncini, scarponi ai piedi, lasci le ciabatte e campeggi qua e là con gli soutini? Ovver sulle rotonde aglianesi tu corri, a salvar dalle fiamme dello ’nferno, le signorine immonde, che vendono il piacer di ’state e verno?
Edoardo Bianchini [direttore@linealibera.info]
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«NON SI DEVE PIÙ RISPETTO A UN UOMO CHE ALLA VERITÀ»
DICEVA SOCRATE IN PLATONE. L’OPPOSTO CHE IN PROCURA…
È inutile che Curreli e la procura ci girino tanto intorno. Nella copia forense fatta eseguire dal giudice Gaspari, e a dispetto anche del f.f. Grieco che disse, mentendo, di aver letto tutto e guardato ogni cosa, ci sono le prove assolute e inconfutabili che: 1. io non sono uno stalker e il ragionier non-dottor Perrozzi era un favorito dal Comune di Quarrata; 2. il sindaco Benesperi aveva la diarrea a prescindere dalle calunnie che ha sciorinato contro Linea Libera; 3. Andrea Alessandro Nesti era un favorito dalla sinistra di Agliana ed ha usurpato per 15 anni un posto che non era suo; 4. il processo “imposto” a Gaspari fu una vera e propria esecuzione fascista contro dei giornalisti che sanno fare benissimo il loro lavoro. È chiaro o no?
Il coraggio civile è non cedere a certo fascismo istituzionale vedendo con quanta disinvoltura i nostri Pm e sostituti, in molti casi moralmente assai più nani del «popolo bue», mandano a giudizio gente senza aver fatto neppure una caccola di indagine.
E poi fanno pressione sui loro colleghi giudici che non meritano di essere turbati nel già difficilissimo lavoro del giudicare, soltanto perché, dopo avere sbagliato, non vogliono fare la figura dell’ignoranza asinina che li ha spinti sulle vie dell’inferno, sempre lastricate di ottime intenzioni, specie se quelli che le percorrono sono sostanzialmente degli sbruffoni.
Non lasciamoci intimidire da chi vuole ridurci in schiavitù. È questo il miglior 25 Aprile che possa esserci!
[Commento ex art. 21 Cost.]
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