Un antico adagio recita: “errare humanum est, perseverare autem diabolicum”. Chissà se lo conoscono a Roma in via Sommacampagna, sede del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Durante il Cnog di novembre il presidente Carlo Bartoli aveva portato in votazione una delibera che in via interpretativa modificava l’articolo 34 della legge 69/1963, quello che riguarda l’accesso alla professione…
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Ora tenete presente che Carlo Bartoli – ex mio collega al Tirreno negli anni 90, ex presidente dell’ordine dei giornalisti della Toscana e ora presidente nazionale dei giornalisti iscritti e attovagliati/addomesticati – è la stessa persona che, pur dovendo essere a piena conoscenza delle norme di legge che riguardano la cosiddetta professione giornalistica (oggi, soprattutto, di fede di sinistra), non solo capisce il giusto delle norme giuridiche che ha insegnato per anni nei corsi di deontologia, ma pretende pure di farle applicare contro i nemici (me in persona) e disapplicare a favore degli amici (la pletora scomposta dei blogghettari d’Italia).
Accanto al Bartoli, come avete letto nei giorni scorsi, si è schierato anche il neo-presidente Giampaolo Marchini, censore con alle spalle storie di “oro di Bologna che a guardarlo si vergogna” durante il suo mandato di giudice della squalificata commissione di disciplina che non traligna: essa, infatti, applica (anche la fantasia) contro i nemici (me in persona); e interpreta le norme a capocchia (a favore degli amici: e una ne cito ad personam, la non-giornalista Daniela Ponticelli, responsabile-stampa dell’Usl Toscana Centro, ma, al contempo, anche spia istituzionale di Paolo Morello Marchese. Chiedétene a chi ha subìto censure solo per avere esercitato i pieni diritti di cui all’art. 21 della Costituzione, tanto amato da Benigni e Mattarella e così odiato dai post-comunisti, specie se catto come molti oggi).
Solo dei magistrati dell’altezza morale di certi individui nani (le prove inconfutabili sono tutte nei miei cassetti e non solo, cari ciuccelloni da Bart Simpson!) potevano abboccare alle stronzissime calunnie del Bartoli e del Marchini, che, impastate di sterco con le altre mille querele di corrotti&corruttori (Romolo Perrozzi, Milva Maria Cappellini, Andrea Alessandro Nesti, Luca Benesperi, Maurizio Ciottoli, e più di un’altra decina di perfetti idioti, fra i quali anche politici di cacca e medici pronti a certificare che la cacaiola del Benesperi è il nettare degli dèi) sono state, quelle calunnie, una manna o un vero cacio sui maccheroni per violare la legge e decidere, da veri dittatori del fascismo perenne, la chiusura dell’unico organo di informazione degno di tal nome in tutta l’area metropolitana: Linea Libera.
Su Bartoli e le sue bestialità giuridico-legali, degne di un presidente in pensione che viene còlto da «sindrome di deità» appena giunto a fare il duce dei giornalisti (?) d’Italia, leggete attentamente la vita, la morte e i miracoli non scritti dal Bianchini scemo, stupido, stronzo, pazzo, vecchio, imbecille, aggressivo, antidemocratico, calunniatore, stalker, odiatore seriale, mitomane, estorsore, strumento di violenza privata etc. etc. etc.
Bartoli arriva a Roma e, mentre a Pistoia, insieme al suo “palafreniere” Marchini denuncia – con marchiana ignoranza delle regole riguardanti la stampa – me come giornalista abusivo e Linea Libera come stampa clandestina (ma ci vuole tutto il coraggio della Gip Martucci per accedere a tanta volgare incultura); arriva a Roma, dicevo, e letteralmente briàco di potere, visto che la sinistra è un partito surrogatorio per natura per genitorialità surrogata-derogata-abrogata-uteroaff[R]ittata-drogata-schleinata-dannata & altro ancora, s’arròga il diritto di sostituirsi al parlamento e decide che i blogghettari possono iscriversi al praticantato giornalistico anche se non lavorano sotto un direttore responsabile.
Tiro le somme per farla breve. E chiedo agli illuminati dal sol dell’avvenire:
1. Carlo Bartoli (e Giampaolo Marchini), se un blogghettaro che comunica da sé su internet, secondo il dis-ordine nazionale può essere iscritto – come lo avete detto voi – anche senza lavorare sotto un direttore responsabile, per quale motivo mai Linea Libera dovrebbe inderogabilmente avere un direttore responsabile?
2. Carlo Bartoli (e Giampaolo Marchini), se tutti quelli che scrivono su Linea Libera possono iscriversi all’elenco dei praticanti pur senza che Linea Libera sia registrata in tribunale: perché Linea Libera dovrebbe essere iscritta in tribunale?
3. Carlo Bartoli (e Giampaolo Marchini), perché solo Linea Libera, stante il vostro pensiero liberalizzante, dovrebbe essere l’unica testata clandestina d’Italia? Vi sembra logico, amici del giaguaro da scolorare?
4. Carlo Bartoli (e Giampaolo Marchini), non vi sembra che i suggerimenti da voi dati a Claudio Curreli (magistrato palesemente corrotto e incompatibile con Pistoia) e alla sostituta Chiara Contesini (magistrata che non sa leggere né scrivere né capire ciò che scrive, anche perché non legge, non si informa e non indaga) siano fuori luogo quanto a cognizione delle norme in vigore sulla stampa e oltretutto pure in perfetta contraddizione con la logica del semplice uomo comune ma non cretino?
Anomalie di questa portata devo però dire che sono normali fra i democratici. A tal proposito ricordo un gran bel collegio dei docenti del famoso Liceo Forteguerri (quello in cui Curreli fa di solito il piantumatore antimafia), durante il quale, la comunistissima Rita Flamma, preside della pubblica [d]istruzione presentò una geniale sua proposta da approvare e poi, a fine dibattito (una di quelle solite pippe da matti stile Forteguerri a sinistra), votò contro se stessa e la propria proposta.
Guardate che, anche di questo c’ho la prova direbbe il Ceccherini del Ciclone. Tanto che il professor Andrea Fusari commentò: «Mah… Cose così non le ho mai viste!». Quello stesso Andrea Fusari che, in altra occasione, invitato, sempre dalla solita preside, a uscire dal collegio per andare in consiglio comunale («Ma lei, professore, che ci fa ancora qui? Non aveva chiesto il permesso di uscire per andare in Comune?»), rispose, con tono beffardo: «No. Non vo, preside. Resto ancora un po’ perché mi diverto di più qui che in consiglio!».
Il vero problema non sono il Bianchini o il Romiti, cause del male nel mondo nonostante dio. Il vero problema è che il Bianchini, il Romiti e Linea libera giornale clandestino, hanno scoperchiato – e continueranno a farlo ogni giorno – la famosa làpida (in pistoiese è il coperchio del pozzo nero). E il puzzo del marcio di Pistoia ammorba chi, violentando davvero Costituzione, leggi e quant’altro, vuole continuare, distorcendo il proprio potere, la sua opera di illegalità e corruzione che già ora sembrano irrimediabilmente insanabili.
A Pistoia la procura non ha mai funzionato. Né quando fu di destra né quando transì a sinistra. E Pistoia è, a mio parere, il simbolo-emblema della corruzione che prelude a una sola cosa: la distruzione di ogni più piccola ombra di libertà democratiche.
Edoardo Bianchini [direttore@linealibera.info]
Beato chi afferrerà i tuoi bambini e li sbatterà contro la roccia!
O grandi difensori della stampa appecorata! O Bartoli e Marchini, figli di Maria concepita senza peccato! Guardate di ricordare, ai vostri pseudo-giornalisti di Nazione e Tirreno su Pistoia, che l’art. 8 della legge 47/48 prevede che le rettifiche, entro le 30 righe, debbano essere pubblicate senza battere ciglio così come sono e con particolari modalità che i vostri iscritti-succubi non conoscono (ma forse nemmen voi…).
Svegliàtevi e svegliàteli, perché è questo il vostro dovere: non quello di voler superare il paLlamento italiano.
L’informazione delle due vostre testate (molto spesso da sbattere nel muro: e sto citando la Bibbia, Salmo 137, 9; che non conoscete…) non è per niente leale né in buona fede né nell’effettivo rispetto della verità sostanziale come recitato dalla vostra famosa Legge 69/63, art. 2.
E il vostro dis-ordine è connivente e responsabile in solido di questa sostanziale, inammissibile illegalità.
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