Oggi la tripletta TomCol-ClauCur-AleBuzz è quanto di meglio ci possa offrire lo “stato di diritto assente” di Mattarella e dem. Per 75 anni questa Sarcofago City è stata lasciata in mano a bande di magistrati che hanno ridotto la città in cenere mandando in malora perfino il tessuto economico-produttivo più importante e vitale, il vivaismo
La notte delle Idi De Marzo è stata il punto di non ritorno per la degna tana di Vanni Fucci.
Alessandro Buzzegoli (presidente e relatore dell’or[d]inanza-sconcio di chiusura di Linea Libera) ha partorito ben quattro facciate di «legalis dementia», onde tranquillizzare la sete di vendetta di Tom Col, messo – e non pur solo una volta – dinanzi alle sue indiscutibili responsabilità di magistrato né terzo, né imparziale, né indipendente: ma prossimo-dipendente (cioè dipendente dalla sua «prossimità sociale» con Luca Turco, procuratore aggiunto di Firenze, cugino della presidentA dell’ordine degli avvocati di Pistoia, Cecilia Turco, e fratello della dottoressa Lucia Turco, esponente della Concorsopoli Toscana, in un Careggi dove si pigliano i ragazzi e gli si fa mutare sesso per renderglielo più… fluido.
Josef Rudolf Mengele, dottore di Auschwitz, non fu niente al confronto.
Perché lui era nazista e cattivo: loro, invece (la triade e il dilagante Pd), sono tutti cavalieri della luce, buoni e giusti. Quasi santi da vivi. Specie quando il garante della legalità, Tom Col, parla al luogotenente della guardia di finanza Daniele Cappelli e gli dice ciò che potete sentire qua sotto e subito per l’ennesima volta.
Ha voglia la signora Patrizia Martucci a strillare, dicendo che io non mi mostro prono alle sue adorate «autorità costituite»!
Non solo non me ne mostro prono, come il 90% dei cittadini terrorizzati dalle bande dei lanzichenecchi della democrazia: ma mi dichiaro espressamente perseguitato e vittima di comportamenti in ipotesi tipici di metodi operativi che fètono (verbo napoletano da Totò) di camorra, di mafia di ’drangheta, di sacra corona unita e di violenza di stato di diritto.
«Ladro te, tu’ padre e tu’ nonno», dice, in Il Marchese Del Grillo, Gasperino er carbonaro all’amministratore dei conti della sua casa. Tò kài egò – famosa espressione greca per significare «perciò anch’io!», faccio come coscienza mi ordina.
Per paradosso – dato che la giustizia di Pistoia è tutta una contraddizione – non è difficile dimostrarne l’obliquità surreale, nebbiosa e oscura, ma soprattutto illecita degli uomini (?) del Terzo Piano, con un esempio chiaro e comprensibile anche a un minus habens.
Ammettiamo, per assurdo, che Maurizio Molinari, direttore di Repubblica, in un raptus di rinsavimento e non volendo più soggiacere alla mafia dell’ordine dei giornalisti, desse – come dicono i gazzettieri – le dimissioni dall’albo (queste cose le fa quell’incontinente di Feltri, non quel conformista ricco di sinistra dinoccolata di Molinari): come deciderebbe Tom Col? Quali provvedimenti adotterebbe (ammesso che ne sia capace, tanto come pare essere succubo del conformismo di sinistra)? Sequestrerebbe e farebbe chiudere la tipografia del quotidiano più falsato d’Italia? Io non credo.
Penso invece che, prima di sequestrare Repubblica – che non è un bene personale di Molinari, ma dei suoi proprietari; che non è un «offensionis instrumentum», ma semplicemente una fisarmonica che canta e suona le notizie a pago e spesso a minchia di cane –, Tom Col ci penserebbe bene e non lo farebbe mai con lo stesso slancio con cui il nostro beneamato padrone spenge le candeline delle torte sul suo Facebook.
Avrebbe indubitabilmente paura di fare la figura del fesso dinanzi al mondo. Ci penserebbe due volte. Anche più. E rinuncerebbe all’impresa.
Nel caso di Linea Libera, Coletta, “quell'uom di multiforme ingegno” (Odissea, Canto I, trad. Ippolito Pindemonte) “che molto errò” (nel senso di sbagliare, dare di fuori dal solco e non di gironzolare come un Ulisse), non s’è fatto scrupolo. Anzi!
A Roma, in Cassazione, ha perfino avuto un eccezionale colpo di culo, trovando un De Marzo, ex-cittadino di Pistoia, che s’è sobbarcato l’onere di dar ragione alla tirannia della pseudo-legge, con l’affermare (evidentemente a capocchia e ad usum Colettae) che Linea Libera doveva essere comunque sequestrata.
Anche De Marzo, con le sue Idi addomesticate, non ne esce ben messo. Cosa farebbe, nell’ipotesi di un Maurizio Molinari “dimessosi” dall’Ordine delle consorterie dei giornalisti & gazzettieri?
1. Farebbe sequestrare la Repubblica per stampa clandestina, eliminandola dal libero mercato come Linea Libera, attività imprenditoriale appartenente ai soci di una cooperativa?oppure, mantenendosi nella legalità, quale degno di svolgere il ruolo di tutore della legge che gli è stato affidato (possiamo pensarlo?) quasi per errore
2. perseguirebbe per – come dice lui – stampa clandestina e esercizio abusivo (nella sua zucca) della professione giornalistica, il Molinari stesso, anche se la legge (che Tom in vari casi sembra masticare poco) recita che “le responsabilità penali sono personali”?
Linea Libera è davvero stampa clandestina? È davvero eversiva? È davvero pericolosa? Vi lavorano tre giornalisti iscritti all’albo, elenco pubblicisti. Sono fuorilegge anche loro? Vi scrive, liberamente, come da art. 21 della Costituzione, un professionista (io, con tanto di superato esame di stato il 3 novembre 1995 e con più di 40 anni di professione sulle spalle), che però non intende neppure per scherzo «lamer el culo» di ordini di gazzettieri – come quello toscano – proni al Pd, alle sue strutture e ai suoi abusi (e c’ho le prove, o care têtes de con!).
O Tom Col interviene a gambina tesa solo perché, irriverentemente come previsto dalle regole universali della libertà, Linea Libera ogni giorno richiama i dipendenti del popolo infedeli alla Costituzione e alle leggi d’Italia, turbando la tranquillità degli usi ed abusi dei manovratori?
Chi oserà supporre, se non con una metaforica opinione-supposta, che io, Edoardo Bianchini, abusivamente esercito «una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato» (art. 348 cp), dato che ho, appesa al muro, la patente di Stato e che, proprio grazie ad essa, mi rifiuto di obbedire a presidenti come Bartoli e Marchini, compromessi in politica fino al collo?
Sono io, allora, il baluardo della libertà codificata dall’art 21 (La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure) o tutti quei cialtroni e finti legalitari che ritengono che due leggi, che limitano la libertà di stampa, di pensiero e opinione; due leggi varate a minchia di cane e in collisione col dettato costituzionale, nel 1948 e nel 1963, possano inficiare e cancellare ciò che recita la famosa Costituzione “più bella del mondo”, sorella del non-presidente Mattarella, come da dichiarazione del fu comunista Benigni?
Sarà… Ma io non credo che questa sia logica e volontà del legislatore!
Questo modo di vedere le cose, orroroso e pericolosamente tirannico, è solo un pretesto volgare e liberticida per impedire a chi da quattro anni strilla che Curreli non deve stare Pistoia con la moglie Nicoletta Maria Caterina Curci; che Curreli non può lavorare per lo Stato e contro lo Stato favorendo i clandestini con Terra Aperta e gente chiusa in galera; che Curreli deve smetterla di fare politica con la cittadinanza attiva Agesci-Scout di marca cattolica (leggete lo statuto Agesci); che Curreli non deve occuparsi di inchieste penali che riguardano la zona opaca della Maic-Maria Assunta in Cielo di Luigi Egidio Bardelli (un tempo appellato, sui muri di Tvl in via Monteleonese, Telebuzzo: e da lì le telecamere di sorveglianza esterna); che Curreli e la procura devono smetterla di proteggere cittadini stra-favoriti come il ragionier non-dottor Romolo Perrozzi o il mai-comandante dei vigili di Agliana, Andrea Alessandro Nesi e sua moglie Blimunda; che il tribunale delle esecuzioni di Pistoia è una specie di discesa nel Maelström da cui non si esce: è solo un modo – dicevo – per innalzare roghi col fine di incenerire tutti i novelli Giordano Bruno in Campo dei Fiori (ovviamente di rapa).
Il medioevo, caro Tom Col e care toghe mengeliane, «è fernuto» (tanto per citare il commissario Winchester dei Simpsons).
Noi – e non siamo in pochi – che non siamo pistoiesi in ginocchio, vogliamo il rispetto delle leggi e quello che ci compete come datori di lavoro delle strutture dello Stato che ci costano un occhio: non gli abusi di cui ci fate segno solo perché «voi siete voi e non non siamo un cazzo»!
Edoardo Bianchini [direttore@linealibera.info]
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ABSIT INIURIA VERBIS
Intendo ricordare, a tutti i cavalieri della tavola rotonda, che – come da Vangelo secondo Curreli e data la provocazione di quattro anni di persecuzioni su temi né indagati né verificati né studiati a dovere, e con in più domiciliari illeciti per 104 giorni – ho diritto, per equità di trattamento, di essere scriminato da qualsiasi ipotesi di «disegni criminosi» cari agli scout.
Tali editti emanò ClauCur per salvare la signora Blimunda Milva Maria Cappellini, moglie del mai-comandante Andrea Alessandro Nesti, stra-favorito da tutti: politica di sinistra (Pd), politica di destra (FdI) e procura della repubblica di Pistoia: in cui Nesti ha seminato danni per quasi un lustro.
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E ORA SI DICA:
IL SEQUESTRO È UNA MISURA EFFICACE?______________
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