Un fascismo multietnico, multirazziale, multiculturale e multicolore, con variazioni che si intonano a tutte le striature delle bandierine arcobaleno su cui i figli del nulla scrivono, da perfetti imbecilli, Peace, proprio mentre sono tutti pronti a spedire miliardi di armi a Zelensky o a chiunque altro. Non ci credete? Basta il solo secondo neurone, di cui dispongono perfino i catto-democratici o al limite Bonelli e Fratoianni della Salis, per capire come stanno le cose…
Iniziate a guardare il video. Se non ci arrivate, potete salire su uno sgabellino oppure – seguendo il noto proverbio toscano – potete sempre «montare qua, per veder Lucca». E questo è uno dei peggiori esempi di come le schiere degli asini post-sessantottini si siano laureate in giurisprudenza ed abbiano vinto un concorso in magistratura conquistandosi in posto al sole.
Basta questo per sentirsi la pelle accapponata da certi filosofi del cazzo che circolano nei palazzi di giustizia per regalarci, ogni giorno, delle vere e proprie «perle di merda».
E che nessuno parli di incontinenza, perché basta una sentenza delle tante italiche e demenziali che vediamo ogni giorno, per giustificare l’eccesso espressivo, e per dover richiamare il popolo-bue a tornare in montagna in pantaloncini corti.
Non quelli degli scout, come Ser Curreli da Pistoja, ovviamente. Ma quelli dei resistenti che sono il pane quotidiano della gente invasata dell’Anpi: la quale, fascisticamente, idolatra le «autorità costituite» come infallibili pur se pronte a comportarsi, in molti casi, peggio delle orde di Benito.
Cosa dobbiamo festeggiare oggi, 25 Aprile 2024? Ce lo ricorda, a pallino, uno stato che compare sul cellulare di uno dei ragazzi che ho visto passare sotto i miei occhi: Tommaso Braccesi. Ciao, Tommaso!
Ti vorrei però ricordare (e anche ai tuoi amici) che il quarto governo De Gasperi (terzo esecutivo della Repubblica Italiana) è stato in carica dal 1° giugno 1947 (io venni purtroppo al mondo tre giorni dopo, il 4 giugno, come Navalny) al 24 maggio 1954, per un totale di 358 giorni.
Durante quel governo così profondamente democratico, fu varata la Legge 8 febbraio 1948 n. 47 (Disposizioni sulla stampa), che iniziò sùbito a minare il fondamento dell’art. 21 della Costituzione secondo il quale «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure».
Da allora la Restaurazione non si è più arrestata. Quel principio di libertà costituzionale, primo e inamovibile, eccelso e insindacabile, tranquillamente stracciato, qui a Pistoja, da Tommaso Coletta e dai suoi armigeri del Terzo Piano con l’aiuto di democratici giudici di Cassazione (Giuseppe De Marzo, di rossa fede) e di Pistoja (Alessandro Buzzegoli, di nessuna fede, che io sappia), viene fatto strame, come ama dire un tale che non si sa per chi lavori: se per lo stato o per in contro-stato di Vicofaro etc.
E vorrei ricordare anche, a Tommaso e ai suoi amici, che proprio al loro De Gasperi spetta il primato di un anno di carcere a Giovannino Guareschi, giornalista di don Camillo e di Peppone (26 maggio 1954 – 4 luglio 1955).
Da quella linea di illiberalità e arretratismo, di fascismo post-fascista ma ancor vivo e vegeto, di pieno accordo con gli allora comunisti di Togliatti, la nostra poco onorevole Repubblica della Libertà/Liberazione delle Banane e di Mattarella, non si è mai smarcata: io non sarei mai stato arrestato per aver chiesto, semplicemente, alla procura (anch’essa delle banane) di riportare il Comune di Quarrata, marcio fino all’osso, alle regole della legalità, che non coincide affatto con il difendere un bischero che si definisce dottore senza esserlo e che ottiene permessi e quant’altro solo perché sleccazza il potere e col potere va a braccetto.
E inoltre, anche quando nel 1963, con la L. 69 (numero nome omen…), fu istituito l’ordine dei giornalisti – altra mega-bufala di preselezione dei linguagnoli del potere –, le cose non andarono meglio, ma sono sempre più precipitate verso il baratro della commistione, tipica italiana, di informazione e potere, servilismo e leccapiedismo, violenza giudiziaria e limitazioni sempre più accentuate alla libertà di pensiero, di espressione, di critica, di cronaca di informazione: tranne che per quella di certificato regime.
Una tirannia in cui, ancor oggi, ma direi più che allora, siamo immersi a farci intingere e inzuppare nel colore rosso della dittatura di stato: perché l’Italia non è la fascista Meloni, fradicia – come dicono – di benitismo di ritorno: è la miscela asfissiante del catto-com-nazifascistico sinistrico alla maniera dei liberali dell’ordine dei giornalisti che, in oltre 60 anni di illuminata libertà, non sono riusciti a mutare la delirante norma del carcere per reati di opinione.
E non lo hanno fatto anche perché – a mio avviso – sono proprio i giornalisti di sinistra a non volere che ciò avvenga; e per un semplicissimo motivo: che loro, leccando ed essendo politicamente corretti, vogliono vedere e sostenere solo chi, pur non vincendo le elezioni, governa a cazzo di cane e rovina il popolo-bue, e niente hanno da temere perché ne indossano la livrea.
In carcere, loro (quelli,cioè, come i repubblichini di la Repubblica) dietro le sbarre non ci finiranno mai. E i giudici ce lo mostrano e dimostrano ogni giorno.
Detto questo, che non è poco,… mio Dio mi pento e mi dolgo di essere italiano; e per espiare le mie colpe, mi vesto di un vil ciliccio e continuo a lottare per una liberazione che, ne sono certo, non verrà mai co tanti leccaculi in giro.
E non verrà perché «chi vuol vivere e star bene, piglia il mondo come viene». È questo il motivo per il quale il gregge crescerà sempre più ossequiando le «autorità costituite» della Gip Martucci e dei Pm come Coletta che, anche senza fare indagini, le sue «prossimità sociali» pur corrotte, le salva a priori; e salva anche amministrazioni comunali da urlo come quelle inceneritoriste; colleghi poco nobili come il sostituto Curreli che svergogna la giustizia; preti progressisti alla Vicofaro: mentre giornalisti come quelli di Linea Libera, vigili urbani sgraditi alla sinistra e al sistema Italia&Corruzione, imprenditori che fanno troppi quattrini vanno tutti passati per il tritacarne. Chi per un motivo, chi per un altro.
Chiudo con una dotta citazione di Vincenzo Monti, dopo la vittoria di Napoleone a Marengo:
Bella Italia, amate sponde,
pur vi torno a riveder!
Trema in petto, e si confonde
l’alma oppressa dal piacer.
Tua bellezza, che di pianti
fonte amara ognor ti fu,
di stranieri e crudi amanti
t’avea posta in servitù.
Ma bugiarda e mal sicura
la speranza fia de’ re.
Il giardino di natura
no, pei barbari non è.
Bonaparte al tuo periglio
dal mar libico volò,
vide il pianto del tuo ciglio,
e il suo fulmine impugnò…
Povero Napoleone, di razza toscana! Vi sembra che abbia inciso nella nostra storia di anime debosciate dal vertice alla pianta dei piedi e anche più giù se un più giù ci fosse?
La storia ci insegna che a uno zar ne segue un nuovo; che morto un papa se ne fa un altro; che i farisei sono sempre imbiancati e che… o nero o rosso o verde tutti i poteri sono delle…
Scrivete voi la rima finale.
Edoardo Bianchini [direttore@linealibera.info]
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PROVE DI DEMOCRAZIA
DEL P.M. TOMMASO COLETTA
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