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dittatura dei pm. MA IL PRESIDENTE BARBARISI, NONOSTANTE MATTARELLA, MENTRE CANCELLA “LINEA LIBERA” IN 24 ORE, IN 30 GIORNI NON RIESCE A DIRE CHI, AL CSM, PROTEGGE IL DUO CURRELI-CURCI

Riflettiamo sulla trasparenza dei nostri padroni. Pensateci mentre masticate la pappa del mezzodì, la merenda o la cena. E rispettatelo, il popolo sovrano, invece di dileggiarlo facendolo solo incazzare e accorciandogli la vita!



Maurizio Barbarisi ha ancora qualche ora per adempiere «con disciplina ed onore» al suo dovere di magistrato e di togato responsabile dell’intera amministrazione giudiziaria di Pistoja.

Trenta giorni fa (il termine esatto, come vedete, spirerà alle ore 18:16:19 di oggi) gli fu cortesemente rivolta una domanda, con diffida ad adempiere, che costituiva un vero e proprio redde rationem («dicci il perché») del fatto che, per ben due volte e in via ufficiale, per iscritto, ci aveva informato delle protezioni e della tolleranza, da parte del Csm-Consiglio superiore della magistratura, nei confronti dei magistrati Claudio Curreli e Nicoletta Maria Caterina Curci, incompatibili a Pistoia sotto lo stesso tetto.

Come al solito, i fatti parlano da soli...

L’assoluta viltà di Pistoja – città ierlaltro fascista-nera e sostenitorA di Benito, che la promosse provincia; ieri borgo della passata-rossa di pomodoro Mutti e oggi regno della nullafacenza della destra capitanata dal famoso senatore della zappa o convitato di [La] Pietra che dir si voglia –; l’assoluta viltà di Pistoja, dicevo, è dimostrata a livello storico, sin da quando, nel Medioevo “faceva le fiche a Firenze” montando un’apposita scultura sulle mura della rocca di Tizzana, a quanto ricordo.

De long, da lontano, Pistoia è spavalda. Ma sotto il naso di chi può è infingaLda. Ci vorrebbe la R, lo so: ma ormai siamo in mezzo ai cinesi, oltre che ai clandestini di don Biancalani, benvisti dal sostituto Curreli.

E siccome in tribunale “si puote (ciò che si vuole e più non dimandare)”, a’ pistojesi nate son le ruote per correre a leccare.

Ecco, oltre alla qualità prima di Vanni, cosa spetta di fatto alla Pistoja: lavar con cura e solo in casa i panni e approfittare della mangiatoja. Finché si pappa, Pistoja c’ha speranza. Una virtù che poggia sul mutismo. Sarcofago, a questo punto, si merita due ottave:


Nessuno ha punta voglia di fiatare, né il Ferrìn della Camera Penale, né don Manone, adatto a predicare, quando al Canto al Balì, sul suo canale, mena Coletta e fàllo blaterare, ché tanto ei conta e tanto ei pesa e vale: chìnan tutti la testa e, come ‘bui’, tirano il carro ad elogiar colui!


E tace anche il La Pietra senatore, che con la zappa abbiocca i contadini e procede a front’alta. Ei col sudore (sempre però degli altri) oltre i confini porta Pistoja in cielo: è professore di politica scienza, annessi e affini. Ma soprattutto tàccion gli avvocati, ché tutti sembran senza voce nati. 


Perfino Maurizio Barbarisi, presidente del tribunale, così veloce nell’obbedire a Coletta e ai suoi lancieri del Bengala quando chiedono di fargli sopprimere i diritti universali dell’uomo con la falsazione della realtà e l’uso distorto della legge; perfino lui tace, quando – dopo che gli è stato chiesto ex L. 241/90, in virtù della trasparenza a cui si appella il suo Dvx Maximus, Sergius Mattarella – di fatto si rifiuta di indicarci i motivi grazie ai quali l’Empireo delle Toghe in CSM si permette di tramutare il tribunale di Pistoja (il f.f. Grieco ora avrà una crisi lipotimica, alias uno svenimento?) in un ambiente di tolleranza dinanzi alle incompatibilità in cui sobbolle un’amministrazione della giustizia da vero e proprio gioioso Gobbo Puccini.

Per rendere trasparente quella lastra di piombo anti-radiazioni da fusione del nòcciolo giudiziario; emissioni malefiche più pericolose di quelle di Chernobyl, che però la «gente comune» vive ogni giorno anche grazie a un Coletta che dice A ma face B (A: lavorerò per la gente comune; B: non l’hai capito che io la Lucia Turco non la intercetto); per rendere trasparente – dicevo – lo scudo spaziale della catilinaria giustizia, c’è il solo modo della scattivatura delle mele marce che opprimono il lavoro di magistrati seri – che ci sono, nonostante tutto, anche a Pistoja.

Chi di voi si sognerebbe di spostare una mela marcia in mezzo a delle mele sane? E invece cosa ci fa vedere, quasi ogni giorno, il CSM, l’organo di autogoverno della giustizia?

E che sono i primi danneggiati dai togati che, loro pseudo-colleghi, della propria poltrona, trattata, in metafora, come una Germania (ma che, in realtà, è solo un fazzolettino di “orto sociale” a cui si sono pericolosamente incollati), si sono messi in testa di fare la grande Germania dello "zio Hitle".

Il problema, come sotto le armi e come sempre e al solito, non è il colonnello comandante o il generale: sono i caporali e i sergenti. E qualche maresciallo, anche. Quando si sentono a piede libero e tanto liberi che, se fungono da polizia giudiziaria, non solo attaccano l’asino all’anello del padrone, ma si permettono perfino di dirgli che «sì, a mio parere, questo o quell’altro sono reati», oppure «no, non credo proprio che quello o quell’altro abbia voluto mentire al giudice quando ha testimoniato in aula sotto giuramento». e questo è il quanto.

Come faccio – mi rivolgo ancora a lei, gentilissima dottoressa Gip Patrizia Martucci –, come faccio a fidarmi delle sue adorate «autorità costituite», quando vedo, prove alla mano, che, al Terzo Piano:

  • 1. non fanno un’indagine a modo (violazione più o meno costante dell’art. 358 cpp);

  • 2. se la fanno, la fanno su misura come se avessero frequentato, più che i corsi di legge, delle scuole di alta sartoria e dopo anni e anni di apprendistato di taglio-e-cucito;

  • 3. se, nell’ipotesi che un’indagine non dia i risultati auspicati, si perseguitano certi fedeli e ineccepibili servitori dello stato, che non piegano la testa al volere di Pm e sostituti “con il vizio di Coletta che Lucie non intercetta”.

Torno al presidente Barbarisi che non ascolta il suo Mattarella e:

  • 1. difende l’indifendibile coppia Curreli-Curci;

  • 2. viola i suoi doveri d’ufficio e di trasparenza quando: a) o ha detto delle solenni falsità sulle protezioni romane di Curreli & C.; b) o si permette, anche lui, di applicare la legge a seconda dei casi e delle persone attuali – detto con parole diverse e in sàtira: «e neppur per altre vie, intercetta le Lucie».

A Pistoja la giustizia uguale per tutti è come la vida per Pedro Calderón de la Barca, un sueño. A Pistoja non esiste l’art. 3 della Costituzione. Né il 21, né il 54, né l’obbligatorietà dell’azione penale. A Pistoja una decina di magistrati decide a tavolino chi è che deve vivere e chi è che deve morire.

E dimostrate il contrario, se ne siete capaci. O altrimenti allontanate dalla giustizia chi non è degno di starle a fianco e di parlare a suo nome e in nome del popolo italiano.

Ma allontanare, caro Bianco Muto, non significa mandarli a far danni altrove: vuol dire impiegarli in servizi in cui, con tutta la loro scienza deviata da un’inammissibile tolleranza di altri loro deviati colleghi, non possano fare danni a chi paga loro lo stipendio attraverso prelievi fiscali forzati che ammazzano la «gente comune» e lasciano intatti solo gli Agnelli della Fiat, «prossimi sociali» delle iniquità dei miliardi in paradisi fiscali.

Devo ricordarvi ancora le esecuzioni immobiliari che troncano le gambe e le vite di gente semplice e che perde milioni di € magari solo per debiti che non arrivano a 100 mila maledetti € con l’Agenzia delle Entrate o le banche arpie e vampire della democrazia dell’EU?

Pensateci mentre masticate la pappa. E rispettàtelo, il «popolo sovrano», invece di dileggiarlo facendolo solo incazzare e accorciandogli la vita!

Edoardo Bianchini [direttore@linealibera.info]

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Se fosse vera solo la metà di quello che ci dicono sul rispetto della legalità, l’Italia sarebbe il Paradiso Terrestre e non servirebbe assolutamente la «Terra Aperta» di Claudio Curreli!

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