Lo capisco io, che sono figlio autentico di un San Giuseppe-falegname e nipote di contadini e boscaioli con una nonna del tutto analfabeta, ma non ci arrivano questi sacri mostri di scienza giuridica che, in aula, mi si rivolgono – come Buzzegoli – seccati e “m’arròspano”: «Ora non ci faccia una lezione di diritto!». Ma quanto rompe l’essere richiamati alla logica dell’ovvio, signori della corte…?
Se avessi detto che il ragionier non-dottor Romolo Perrozzi aveva chiuso le strade vicinali interpoderali e le due piazzole di servizio della vicinale di via di Lecceto e Bindino senza permesso, avrei detto una vera e propria falsità. E sarebbe stato giusta una condanna.
Ma io, quando quattro anni fa iniziai questa battaglia contro una procura che non ragiona e un Comune cieco come i gatti alla nascita, dissi – e ho sempre fatto solo questo – che il Perozzi era un favorito del Comune di Quarrata, dato che, pur non potendo fare tutto quello che ha fatto, era stato autorizzato dal Comune stesso e dai suoi maledettissimi uffici di impiegati-mercanti. A Quarrata si rilasciano anche permessi, licenze e condoni tutti illegali. È chiaro, procura?
Quindi il Perrozzi era un favorito: come è stato poi favorito da Ser Curreli-Scout e da tutti gli altri alabardieri di Coletta al Terzo Piano di Piazza del Duomo. E il giudice Gaspari, a piena conoscenza di tutto l’impianto tecnico giuridico accusatorio, cedette alle pressioni dell’oppressiva e indecente maniera di gestire la legge da parte di Pm e sostituti benefattori dei pistojesi.
La procura di Pistoja lavora così: 18 mila pagine di intercettazioni telefoniche per il supposto (e non provato) furto di una chiavA (con arresti di mesi e mesi di vigilesse e quant’altro), ma non sa leggere né scrivere quando le si forniscono prove documentali certe e indiscutibili, com'è successo nello scontro fra me e lo scout che salva il mondo facendo ciò che vuole e ben protetto dal Csm e non solo.
Il problema, in questa Italia democratica di post-sessantottini senza né capo né coda, è che costoro della scuola asinale sono riusciti a bucare diplomi, lauree e concorsi non si sa bene come: perché, se andiamo a osservare analiticamente il loro operato e il loro modus operandi, non si può altro concludere che, alla loro scarsa intelligenza si unisce una bella calotta polare di più che scarsa preparazione tecnica. Il tutto schiacciato sotto una mole infinita di superbia e istinto di sopraffazione.
Loro non sbagliano mai: sono superiori a Dio che, al contrario, sbaglia con solare evidenza se permette che giungano al mondo individui così pericolosamente distruttivi.
Mi spiego meglio. Come premessa generale occorre notare (e annotare) che nessuno di loro capisce una "Valeria Mazza" di diritto pubblico e di pubblicistica in generale. Oppure lo fanno apposta: il che è ancor peggio.
Non per nulla, pur vantando una laurea alla prestigiosa Federico II di Napoli (dove a latino umanistico e medievale gli studenti di Partenope hanno studiato e studiano anche su testi miei e miei lavori classico-medievistici), Giuseppe Grieco non riesce a comprendere un concetto di una disarmante semplicità: il dualismo intrinseco di alcuni istituti giuridici. Nella fattispecie, la viabilità storica.
Lo spiego ai tardi d’ingegno. Anche le capre sanno che una moneta di metallo ha un diritto e un rovescio (testa e croce); una banconota ha un davanti e un didietro, come gli esseri cosiddetti umani, sia maschi che femmine: un lato A e un lato B; un pianeta ha, convenzionalmente, due poli (Nord e Sud); un universo, del pari, uno Zenith e un Nadir (che era anche il nome di un bellissimo cavallo di una signora amica mia fedele). E così via.
Nonostante tutto questo, il f.f. di Coletta non riesce ad accettare il fatto che la proprietà privata non è, già in partenza, connotata dalla assoluta esclusività. Tant’è che al suo collega, Luigi Boccia (anche lui laureato alla Federico II di Napoli?) poté toccare il solenne privilegio di ottenere la residenza in una casa posta in Via dei Matti Numero Zero, senza porte e senza finestre e – pertanto – ancor prima che tale proprietà “relativamente esclusiva” fosse stata dichiarata abitabile.
Anche certi magistrati – specie a Pistoja – come si può vedere sono dei privilegiati e, pertanto, spregiatori del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, la famosa sorella di Mattarella, come insegnò all'Italia il Benigni di La vita è bella (specie se si fanno i quattrini).
Questo, a Giuseppe Grieco, non gli c’entra nella testa. Anche se, durante un’udienza del maxiprocesso politico aggeggiato alla meno meglio da Luca Gaspari, mi si rivolse con una espressione di questo tipo (cito a memoria, ma nei verbali c’è): «Ma via dottor Bianchini… noi siamo persone intelligenti…».
Del che Grieco non se la prenda, ma mi permetto di avanzare qualche riserva se, riguardo alle strade vicinali e interpoderali (quelle note come vie di comunicazione storica), non è in grado di percepire la biunivocità della natura giuridica: private sì, ma di uso pubblico. Sempre in metafora, molto simili alle famose “signorine” della storica Via Tomba di Pistoia dove, nei bordelli ante-Merlin, le venditrici di felicità erano, al tempo stesso, per un verso spose devote dei loro papponi e, per un altro, pubbliche spose.
Questa stessa cosa non la capì neppure Luca Gaspari, il giudice che, nonostante avesse avuto a disposizione, offertigli da me, tutti i riferimenti cartografici e giuridici (e per mezzo di Raccomandate 1 regolarmente ricevute!) preferì credere a una testa di pène di ingegnere del Comune di Quarrata, lo Iuri Gelli (ma cognato del segretario del Pd Toscana, senatore Dario Parrini, e scelto dal Mazzanti-Ganascia con le sua preparazone di iocatore di burraco).
Il Gelli – che si dimise dal Comune all'improvviso (chissà perché), venne in aula e disse che, “sì, c’erano due o tre stradine nelle terre del Marchese di Pescina Romolo non-dottor Perrozzi... ma erano piccine e perciò gli era stata data la licenza di chiuderle”.
E ora pensate alla logica di questo ragionamento pienamente accolto da Gaspari come ineccepibile: se una cosa piccola è esentata dall'essere ciò che è, allora, nel caso che un uomo abbia un oiseau mignon di tipo-cinese, quando violenta una donna non è uno stupratore perché ce l'ha piccino? In naltri termini: un uccello di 8 centimetri appena è scriminato i virtù delle sue ipo-misure! A mio avviso qui siamo dinanzi a una bella e buona illogicità manifesta adoprata ad usum Curreli!
E qui si torna a Pistoja, Sarcofago City, Maçonville, Opusdeigrad etc. Insomma, seguendo questa logica da procura di Pistoia, se io rubo una palla di vetro da 10 kg commetto un furto; mentre se porto via un diamante da due carati, è come se mi fossi tolto una caccola dal naso mentre sono fermo al semaforo: è un crimine quasi irrilevante e di lieve entità. È per questo che certi mai-comandanti hanno ottenuto il perdono in aula, nonostante l’uso di esposti anonimi…
Occhio, però. Perché talvolta, a Pistoja, anche rubare due scatolette di cibo per gatti o un ombrello lasciato incustodito in procura, diventano (stante il metodo di indagine “a tutto campo” di Coletta) reati della massima gravità, che rasentano il «crimen lesae maiestatis» o il tentato omicidio delle «autorità costituite» della Gip Patrizia Martucci – la quale, in un dramma tipo La vida es sueño di Calderón de Pistoja, bene incarnerebbe il ruolo di Iuno Moneta (= ammonitrice) della tradizione latina. Il perché ve lo spiego, magari, in un’altra lezione alla Canfora e quando ne avrò voglia…
Alessandro Buzzegoli è il magistrato che ritiene che per 100 miei articoli pubblicati a critica della procura, ma tutti veraci, il sistema migliore per evitare il periculum in mora circa la ri-commissione del crimine di libera espressione di opinioni ex art. 21 Cost., sia quello di sequestrare un giornale intero. Quanto a criterio di proporzione della pena non c'è male. E anche in questo caso, scusate, ma siamo fuori dal seminato e dalla grazia di Dio.
Seguitemi: è lo stesso che dire «sono un chirurgo e, poiché il mio paziente è affetto da 350 porri (o verruche che dir si voglia), l’unico vero sistema efficace per guarirlo dal virus non è la vecchia diatermocoagulazione o l’acido muriatico dei contadini di un tempo, ma la soppressione del paziente. Tutto intero». Morto lui, finite le verruche.
Una logica da ministro Speranza e Covid o – più crudamente – da vero e proprio cazzo di cane.
E ora tiro al pallino. Nessuno dei magistrati che occupano le sedie in procura riesce a comprendere che possano esistere anche gli istituti ermafroditi, omìni e donnine, M e F, al tempo stesso.
Nel caso delle strade vicinali-interpoderali, una proprietà privata che, essendo un bene condiviso da sempre, è di uso pubblicissimo e come tale va lasciato: libero, aperto, indipendente e repubblicano. Anche se al Perrozzi gli dà noja.
Questo lo capisco io, che sono figlio autentico di un San Giuseppe-falegname e nipote di contadini e boscaioli, con una nonna del tutto analfabeta, ma non ci arrivano questi sacri mostri di scienza giuridica che, in aula, mi si rivolgono – come Buzzegoli – seccati e “mi arròspano”: «Ora non ci faccia una lezione di diritto, eh!».
No, dottore e/o sinedrio del Tempio di Salomone, ma soprattutto del Muro del pianto! Non dovrei farvela.
Visto, però, il livello nano di certe vostre clamorose sapienze, per chi, come me, è abituato a leggere in varie lingue e a fare il mestiere dell’esegeta, quello vero (pur senza essere Canfora), non quello fasullo alla Curreli, viene quasi naturale tentare (anche se è quasi una speranza abortita in re ipsa) di farvi ragionare riportando la vostra attenzione sulla retta via della scienza e non dell’errore volontario di sbagliare, come la signora Serranti (che lavorava all’Agenzia delle Entrate), ma diè saggio peggiore del Marchesino Eufemio, mischiando culo e quarantore o – come colei fece – identificando il fornitore con il contribuente e in ciò s’ebbe il premio dalla Gip Martucci, pronta ad archiviare una brutta storia di rapporti fra Mazzanti-Comune di Quarrata e Luigi Egidio Bardelli di Tvl.
Ecco perché non mi è difficile capire, anche a colpo d’occhio, quando, nelle elucubrazioni di chi la legge dovrebbe farla rispettare, si scorgono tutte le muffe di forzatura di interpretazioni, come dicono i contadini, “alla io boja”. E così, come disse Coletta, i dati statistici, certi, ci fanno pensare che a Pistoja la legge di certi magistrati non sia quella della repubblica, a cui essi devono essere sottoposti, ma piuttosto quella delle «prossimità sociali».
Un aspetto, quello delle forzature, che a Pistoia è spessissimo presente fra i geni della procura più inclini a piantare alberini antimafia che a svolgere indagini basate sull’oggettività e il rigoroso rispetto dell’art. 358 cpp. Nel paese del Vanni Fucci se non sei un «prossimo sociale» tu ciucci, moderno proverbio dei panai di Pistoja.
Anerrífto ho kýbos, disse Cesare. Alea iacta est, bruttissima traduzione in latino dal greco di Plutarco.
Un po’ come le interpretazioni del diritto penale ad personam, operate dai magistrati terzo-pianisti (sull’Oceano della prevaricazione) e terraperturisti di Pistoja, dove i clandestini hanno patria, mentre la libera stampa&opinione finiscono nei gulag di Aleksàndr Solzenicyn...
Edoardo Bianchini [direttore@linealibera.info]
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