Oggi è una data triste per il semplice fatto che si ricorda come i diritti umani vengano calpestati ogni giorno soprattutto da coloro che tali diritti dovrebbero garantire a chi gli paga lo stipendio
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Sono rimasto colpito, stamattina, dalla notizia che è apparsa su La Verità, dove si leggeva:
Fassino è indagato e sarà interrogato, ma c’è profumo d’archiviazione La Procura della Repubblica di Civitavecchia ha iscritto Piero Fassino sul registro degli indagati per il profumo che si era messo in tasca il 15 aprile al duty free di Fiumicino. Ma il fascicolo potrebbe essere chiuso per la «tenuità del fatto».
E allora ditemi: ho ragione se parlo di dittatura dei Pm o no? Torno indietro di un passo a una notizia dalla terra del sostituto Curreli, in cui, se non erro a Sassari, un morto di fame del popolo fu condannato a 9 anni, 10 mesi e 14 giorni per aver rubato 7 salsicce e due pezzi di cacio all’Auchan: valore, circa 50 euro.
Vabbè che il morto di fame era recidivo, ma lo era anche Fassino (aveva fatto la stessa cosa altre due volte); vabbè che loro (comunisti e toghe rosse e comprensive) possono anche fare come Emiliano, che non distingue bene la legalità, di cui si occupava da Pm, dalla mafia pugliese di cui s’è occupato da politico.
Vabbè tutto, ma Fassino, l’omino che – disse al momento della dissoluzione del Pci – di avere sempre creduto in Dio, perché se non obbediva alle leggi umane, non ha voluto rispettare neppure il settimo comandamento non rubare?
Ma… occhio che chiudere un fascicolo per «tenuità del fatto» non è, in buona sostanza, uscirne scriminati: è solo un uscirne – come sanno ben fare i Pm – favorendo un colpevole più blasonato rispetto ad altri che puzzano di sanculotti.
Forse Fassino, essendo secco com’è e venendo preso per un paria del popolo, se avesse rubato 7 salsicce e un paio di pezzi di cacio a Sassari, sarebbe finito in galera 9 anni, 10 mesi e 14 giorni: ma in quel caso ci sarebbe finito perché, appunto, morto fi fame come un proletario ladruncolo qualsiasi, non avrebbe potuto usufruire del rispetto che certe toghe hanno, e molto più spiccato, nei confronti di chi a due salsicce muffite, unte e puzzolenti, preferisce il raffinato profumo da moglie e/o amante…
Un po’ come dire, mutatis mutandis: «Cappelli, ma allora non l’hai capito che io la sorella del procuratore aggiunto di Firenze, Luca Turco, non la intercetto!». E anche con lo stesso tono sfavato.
Di che farsi meraviglia, dunque, se questi individui (oggi definizione politicamente corretta, già immessa nel vocabolario perché non razzista/sessista come uomo) chiudono un quotidiano come Linea Libera, pur esente dall’obbligo di essere iscritto nel registro di quel sant’huomo di Maurizio Barbarisi che impone a me un rispetto peloso nei confronti una norma che non mi riguarda, ma tace – svergognandolo, però – su un Curreli e signora, vergognosamente protetti (dice il Barba) dal Csm; altro Olimpo degli intoccabili che ogni giorno, tutti i giorni, da sempre, vanno in tasca al quel coglione di popolo sovrano che paga loro gli stipendi a gratis?
In fondo, come scrivo ormai da anni, l’Italia è irredimibile. A cominciare da Mattarella, epigono di una Dc che non c’è più ma che, con Napolitano, ha avuto da condividere sempre i patti, più o meno segreti, stato-mafia.
E fosse almeno la mafia dei Sinagra e dei Cuffaro nel Motalbano di Camilleri! Uomini d’onore che, affiancando la loro azione alla corruzione dei savoiardi-piemontesi del Gattopardo, facevano, in qualche modo, da contrappeso allo squallore della politica anche del tanto lodato Cavour!
Continuate pure a ridere e scherzare, pistojesi microcefali. A fare i veri giornalisti montanelliani ci pensano, seduti sui loro bianchi destrieri della legalità, Tom Col and his seven dwarfs. Di cui due esperti in materia: uno il TerraAperta e l’altro l’effeèffe.
Edoardo Bianchini [direttore@linealibera.info]
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GODI, PISTOJA CHE, NELLA PROCURA,
PER DIFENDER LA LEGGE HAI GENTE PURA!
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