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procura&magistrati. PISTOIA, «MA IL RICORDO DEL PASSATO FU PER LUI IL PIÙ GRAN DOLOR…»

Checché ne dica il presidente della Camera Penale pistoiese, l’avvocato Andrea Ferrini, a tu per tu con Tommaso Coletta, dobbiamo insistere sul noto proverbio secondo cui il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Facciamo qualche passo indietro e vediamo bene perché

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Padre Fedele Bisceglia, visto il trattamento subìto dall’attivissimo sostituto, gli augurò di pascolare le pecore sul Gennargentu. Che ci avesse visto chiaro davvero?

Nel «nòm de la lège» (da l’ispettore Clouseau, impersonato da Peter Sellers).

L’imprinting è un particolare tipo di apprendimento per esposizione, presente in forme e gradi diversi in tutti i vertebrati.


Serve a fissare una memoria stabile delle caratteristiche visive degli individui da cui si verrà allevati (imprinting filiale) o degli individui con i quali è possibile riprodursi (imprinting sessuale).


Per questioni di convenienza nella ricerca, l’imprinting è stato studiato soprattutto negli uccelli e, in misura minore, nei primati (Wikipedia).

Ma per non essere troppo culturosi con l’uso e l’abuso della lingua inglese, per i primati si può parlare, più semplicemente, di comportamenti archetipici, primordiali e/o ripetitivi.


Il serial killer, ad esempio, segue i suoi schemi abbastanza ripetitivamente. E perfino in letteratura se ne hanno esempi cólti. Cito Cesare Pavese, abbastanza comunista da non dover essere accusato di partigianeria a mio favore: L’uomo solo – che è stato in prigione – ritorna in prigione | Ogni volta che morde in un pezzo di pane…


Così pensa – e non a caso – anche la giustizia penale. Nella quale il procuratore o il suo sostituto, paiono necessariamente ossessionati dalla ripetitività dei cosiddetti «disegni criminosi»: sporchi e continui, costanti, insanabili perché (alla Lombroso) è dato quasi per certo che la capacità di delinquere è come iscritta nel Dna dell’individuo. È una sorta, insomma, di segnatura di Dio.


Come pioveva... Riguardatevi certe scene di Mani Pulite e osservate attentamente i signori della rovina d’Italia. Guardateli negli occhi e pensate cosa potevano pensare certi sguardi, uniti alla recitazione che puntava sull’innalzamento della voce fino quasi all’urlo intimidatorio e minaccioso, da poliziotto/Di Pietro. La gente, per queste cose e scene, si è anche suicidata, se non lo ricordate.


Ed ecco la mia attuale considerazione del fenomeno dell’archetipo distorto, focalizzato, molto più modestamente, al di fuori del macrocosmo, nel piccolo mondo di provincia. A Sud o a Pistoia è ininfluente.


A Sud, dove un giovane magistrato di buone speranze ed ottime intenzioni (tutti gli ingredienti, insomma, dell’arciere di Sherwood, pronto a lastricare la via dell’inferno), partito dalla sua isola, in cui non ci sono vipere e il terremoto è un fatto ignoto, il dottor Claudio Curreli, nato a Cagliari il 22.06.1968 e oggi residente a Pistoia, 55enne, cancro di segno, svolge il suo mandato di notaio criminale (alla Manzoni).


Tra le cose più ingegnose e brillanti del suo passato al Sud, una Storia della colonna infame che vede condannare un padre cappuccino, Fedele Bisceglia, con la turpe accusa di violenza sessuale a una suora, poi risultata alquanto “eccentrica”. Nel mondo ognuno di noi può sbagliare: ma può sbagliare anche un pubblico ministero o un suo sostituto.


Curreli, invece, per portare in porto la sua tesi accusatoria (i Pm e loro sostituti sanno tanto di RoboCop), in modo da non fallire l’obiettivo, manda all’archivio un intero fascicolo che, in séguito, risulterà insostituibile per scagionare Padre Fedele.


Gli è successo qualcosa, a Curreli? No. Ha pagato pegno, il Curreli? Nemmeno. È ancora al suo posto – ovviamente trasferito – ma… “Purificami o Signore, sarò più bianco della neve” e lavato e risciacquato con Perlana.


È in servizio – ora a Pistoia – e se ne sta indisturbato a fare non solo il sostituto, ma anche: il salvatore di anime (a favore delle prostitute nere sulle rotonde di Agliana); e quello di corpi (guida infatti Terra Aperta che accoglie i clandestini e gli irregolari).


Poi si definisce addetto stampa dell’Agesci-Scout; poi pianta gli alberini della legalità al Liceo Forteguerri; poi va in giro sul Globo con le bandierone arcobaleno della pace; poi, dulcis in fundo, a volte anche lavora per la procura, nel «nòm de la lège» (cito l’ispettore Clouseau, impersonato da Peter Sellers).


E quando lavora per il popolo sovrano che lo paga e a cui dovrebbe dare esempio nobile di integrità, terzietà, imparzialità, sotto gli occhi di tutti, e da tutti pacificamente accettato – compreso, ovviamente, il presidente della Camera Penale, avvocato Andrea Ferrini –, sbatte, senza troppo pensare, contro l’incompatibilità che gli vieta di stare a uscio e bottega o gomito a gomito, con la sua consorte, Nicoletta Maria Curci, giudice delle esecuzioni immobiliari e – va detto – come lui piuttosto attiva.


Ma i magistrati di questo tipo, cosa sono? Onorati dipendenti pubblici o prìncipi di sangue, con diritto al trono, alla Rodolfo d’Asburgo-Lorena per i loro comodi e con le loro varie Maria Vetsera?


Non gli si dovrebbe dire «Mimmo, tògliti di torno!»? E chi dovrebbe suonargliele, se non un ordine capitanato dall’avvocata Cecilia Turco; tutti i penalisti e la Camera Penale (dove, con solare evidenza, si dorme beatamente), retta dal cerimonioso Ferrini (vedi Canto al Balì); ma, prima di tutti, il suo capo Tommaso Coletta e il presidente della Corte d’Appello di Firenze?


Il fatto è noto e semplice. Il comportamento archetipico si ripete con la disinvoltura dell’arroganza dell’impunità certificata-garantita, perché le «autorità costituite» finiscono per essere le Giuda della trasparenza, della legalità, della democrazia, della giustizia. Di tutto.


Si ripete perché il presidente della corte d’Appello di Firenze, come Curreli, vive e regna nella città di Dante insieme alla moglie, fianco a fianco e nel silenzio generale. Mentre il Pm Coletta è meglio che non fiati.


Sì. Per non sentirsi dire: «Sì, buana. Ma ricordati che anche tu non sei messo meglio di me con la famosa e ormai quasi certa vicenda del bacio della pantofola a Luca Turco, procuratore aggiunto di Firenze, fratello della Lucia Turco di Consorsopoli a Careggi, cugini, tutt’e due, dell’avvocata Cecilia Turco… E allora questo pazzo e porco mondo come si può salvare?


Luigi Egidio Bardelli sa perfettamente quale sia l’importanza della legge. Basta vedere che salti mortali ha fatto dall’Aias alla Maic. E con la benedizione di tutti: politica, chiesa e magistratura. Curreli compreso

Semplice. Si arresta un non-giornalista, il Bianchini, e se ne educano altri mille; si chiude l’unico quotidiano davvero libero della regione anche con l’aiuto dell’ordine dei giornalisti (?): ma si salvano tre quarti di Pd (Montale per il Carbonizzo di Fognano; Quarrata con sindaci analfabeti e dipendenti falsari; la Montagna Pistoiese per la Comunità massacrata) e un “quarto d’Agnellone di destra” ad Agliana, con un sindaco bimbominkia nomato cacaiola e che tale è e resta – e in aggiunta calunniatore.


L’essenziale è salvare – ecco l’esempio archetipico – chi ci sta a cuore (forse con la Q). E terrorizzare il «popolo gnorante, ciùho» e, in aggiunta, coglione. Senza indagini e ignorando beatamente l’articolo 358 ccp.


E ora: è un dovere rispettare non la magistratura, ma sì tanti nobili rappresentanti (deviati) d’essa?


Edoardo Bianchini [direttore@linealibera.info]

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